Non ha niente a che vedere con la statura (e con nient'altro. Non so come m'è venuta)
30/04/09
29/04/09
26/04/09
Nido
Nido caduto in giardino da noi, sotto una palma.
Probabilmente era proprio sulla palma. Sembra di capirlo dallo stampo che si vede nella parte inferiore, fatta di fango.
Si osservano i vari materiali usati: fango, appunto, muschio, foglie, filuzzi d'erba, ramoscelli sottili. Perfino il nastrino di un sacchetto della spazzatura (vedi foto sotto, ingrandita).
Probabilmente era proprio sulla palma. Sembra di capirlo dallo stampo che si vede nella parte inferiore, fatta di fango.
Si osservano i vari materiali usati: fango, appunto, muschio, foglie, filuzzi d'erba, ramoscelli sottili. Perfino il nastrino di un sacchetto della spazzatura (vedi foto sotto, ingrandita).
23/04/09
Nuvole basse
21/04/09
19/04/09
Magia
Ho preso la stilografica bella per scrivere di un luogo magico.
E' la Villa di Custonaci.
Belvedere miramare, miramare, mare, mare…
Il vento leggero, fresco di maestrale, tiepido, caldo, o molto caldo di scirocco, soffia tra le fronde dei pini, facendoli mormorare.
Uno studente di medicina del secondo anno (anatomia umana normale, 4000 pagine di Chiarugi Bucciante) scavalca la ringhiera per andare a studiare all'ombra e al fresco di quei pini, in una estate di caldo implacabile.
Cavalcando il vento del tempo che scorre all'indietro, carezzo le immagini di ragazzi e ragazze dopo cena seduti sul sedile della Villa, che cantano, sciocchi, suonano la chitarra, si baciano, ingenui, dietro le siepi.
Gli fanno da sfondo Erice, la luna, il mare, le luci che, cavoli, brillano proprio, non è una stupida storia nostalgica.
Andandoci, anche ora è sicuramente così.
Anche non andandoci.
Io e anche gli altri ragazzi e ragazze siamo lontani nel tempo e nello spazio e i ricordi si arrotolano, si arrotolano è incredibile come si arrotolano.
Vorrei tornare.
E ci torno, anche.
Ma non è più così.
C'è il sedile, c'è Erice con la sua luna proprio sopra, c'è il mare (il Tirreno meridionale, che un po' più giù, dopo la torre di Ligny diventa Canale di Sicilia, ma a me piace di più un po' più su, quando ancora è Tirreno meridionale), ci sono le luci che brillano.
Ma non è più come allora.
E' la Villa di Custonaci.
Belvedere miramare, miramare, mare, mare…
Il vento leggero, fresco di maestrale, tiepido, caldo, o molto caldo di scirocco, soffia tra le fronde dei pini, facendoli mormorare.
Uno studente di medicina del secondo anno (anatomia umana normale, 4000 pagine di Chiarugi Bucciante) scavalca la ringhiera per andare a studiare all'ombra e al fresco di quei pini, in una estate di caldo implacabile.
Cavalcando il vento del tempo che scorre all'indietro, carezzo le immagini di ragazzi e ragazze dopo cena seduti sul sedile della Villa, che cantano, sciocchi, suonano la chitarra, si baciano, ingenui, dietro le siepi.
Gli fanno da sfondo Erice, la luna, il mare, le luci che, cavoli, brillano proprio, non è una stupida storia nostalgica.
Andandoci, anche ora è sicuramente così.
Anche non andandoci.
Io e anche gli altri ragazzi e ragazze siamo lontani nel tempo e nello spazio e i ricordi si arrotolano, si arrotolano è incredibile come si arrotolano.
Vorrei tornare.
E ci torno, anche.
Ma non è più così.
C'è il sedile, c'è Erice con la sua luna proprio sopra, c'è il mare (il Tirreno meridionale, che un po' più giù, dopo la torre di Ligny diventa Canale di Sicilia, ma a me piace di più un po' più su, quando ancora è Tirreno meridionale), ci sono le luci che brillano.
Ma non è più come allora.
Alla Luna
Erice da casa nostra
Alla Luna
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri!
G.Leopardi 1819
Alla Luna
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, che travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno duri!
G.Leopardi 1819
17/04/09
14/04/09
13/04/09
Capo San Vito, dalla tonnara di Cofano
12/04/09
San Vito, da Castellammare
09/04/09
Caco germogliato
07/04/09
Primavera
è primavera… incrociamoci
L'incrocio spontaneo in biologia ha sempre ottenuto organismi più forti, selettivamente avvantaggiati.
Al contrario, l'incontro esclusivo fra membri abituali di una popolazione aumenta la probabilità di selezionare caratteri ereditari tanto svantaggiosi da favorire l'estinzione di quella popolazione.
Che albero è?
Quelli dei miei dintorni lo possono vedere dal vivo in via Barbiero.
L'incrocio spontaneo in biologia ha sempre ottenuto organismi più forti, selettivamente avvantaggiati.
Al contrario, l'incontro esclusivo fra membri abituali di una popolazione aumenta la probabilità di selezionare caratteri ereditari tanto svantaggiosi da favorire l'estinzione di quella popolazione.
Che albero è?
Quelli dei miei dintorni lo possono vedere dal vivo in via Barbiero.
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